Iva in aumento su alberghi e ristoranti: il no di Confcommercio Lecco

Iva in aumento, Confcommercio Lecco dice no: “Già ora l’aliquota al 10% è molto più alta di quella degli altri Paesi europei: se sale ancora colpo pesante per la nostra competitività”

Le voci di un possibile ritocco all’Iva su hotel e ristoranti fanno infuriare albergatori, commercianti e consumatori. La presa di posizione di Confcommercio Lecco è netta e non bastano le parole del ministro dell’Economia – che ha smentito questa ipotesi per altro fatta circolare da altri esponenti del Governo – a tranquillizzare il mondo del terziario di mercato.
“Anche io, come il presidente nazionale Carlo Sangalli, ho apprezzato l’immediata smentita del ministro sui rialzi selettivi dell’Iva che avrebbero potuto riguardare il settore alberghiero e quello della ristorazione – evidenzia il presidente di Confcommercio Lecco, Antonio Peccati – Ma vista l’aria che tira è bene mettere in chiaro, ancora una volta, che non è alzando le tasse che si rilancia il Paese. La vera sfida è crescere, puntando su riforme serie e profonde, a partire proprio da quella fiscale, combattendo con ancora più forza l’evasione, in primis quella dell’Iva che secondo gli ultimi dati nazionali è pari a 37 miliardi di euro, e dando finalmente corso a una seria ed efficace spending review”. E continua: “Va benissimo razionalizzare e semplificare, ma attenzione: è un errore pensare di aiutare il Paese aumentando le aliquote Iva. Vorrebbe dire azzoppare i consumi, andando a colpire principalmente i redditi medio-bassi. Se il principio è fare ordine noi ci stiamo, se invece questa è la scusa per colpire interi settori e provocare impennate delle aliquote Iva allora il nostro no è inequivocabile”. In particolare a finire sotto i riflettori sono stati hotel e ristoranti: “Tutti ripetono che il turismo è una risorsa straordinaria, che dobbiamo puntare sulle straordinarie ricchezze del nostro territorio e poi dobbiamo sentire esponenti del Governo che per recuperare un po’ di risorse pensano di colpire il mondo della ricettività e della accoglienza, oggi soggetto a una aliquota ridotta del 10%. Mortificare uno dei pochi settori dinamici non è certo una soluzione vincente per rilanciare i consumi e, più in generale, l’economia. Anzi sarebbe un ulteriore colpo negativo per la nostra competitività”.
Decisamente contrario a una possibile Iva in aumento anche il presidente di Federalberghi Lecco, Severino Beri, vicepresidente vicario di Confcommercio Lecco: “Tornano a circolare ipotesi di revisione selettiva delle aliquote Iva e, in questo contesto, di aumenti dell’imposta per il settore del turismo. Sarebbe soltanto un modo per fare cassa: l’aumento di un solo punto dell’aliquota, dal 10% attuale all’1%, è stato calcolato, porterebbe 1,5 miliardi di euro! Altro che razionalizzazione, si tratterebbe semplicemente di un generalizzato incremento dell’imposizione a carico dell’offerta turistica che oggi deve fare i conti con il coronavirus. Su questa emergenza tra l’altro Federalberghi ha già chiesto massima attenzione e misure a sostegno di uno dei settori più direttamente coinvolti e colpiti”. E aggiunge: “Sento dire che la maggior imposta sarebbe pagata dai turisti e sarebbe soprattutto a carico degli stranieri. La verità è che il prezzo principale sarebbe pagato dal nostro Paese, a causa della perdita di competitività del sistema turistico a tutto vantaggio di Paesi concorrenti, con grave disagio per le imprese e i lavoratori anche delle strutture del nostro territorio. Sarebbe una scelta immotivata e poco lungimirante: già adesso l’Iva sul comparto turistico è al 10%, ben superiore a quella applicata in Paesi come Grecia, Francia o Spagna dove è al 4% e su livelli maggiori rispetto a tutte le altre realtà europee. Ogni ulteriore incremento sarebbe dannoso”.
Con l’aliquota Iva in aumento anche bar e ristoranti sarebbero colpiti e questo non piace al presidente della Fipe Lecco, Marco Caterisano: “Ma il Governo si rende conto che ogni giorno 10 milioni di italiani pranzano in bar e ristoranti? Quindi sarebbero le persone che spesso per necessità, e non solo per piacere, mangiano fuori casa a essere colpite con un aggravio di spesa. Ma l’idea di rendere più salato il conto al ristorante per i turisti stranieri tradisce un altro paradosso di fondo: sono sempre di più le persone che arrivano in Italia per vivere un’esperienza non solo artistica, ma soprattutto enogastronomica, resa possibile dalla professionalità dei nostri cuochi e ristoratori. Penalizzare questa fetta di mercato, rischia di essere controproducente per tutti. Tra l’altro vorrei ricordare che negli ultimi dieci anni l’occupazione nel settore della ristorazione è cresciuta in modo sensibile, anche sul nostro territorio, a differenza di altri comparti”. Poi conclude: “Il turismo italiano e tutto il mondo della accoglienza e della ristorazione meriterebbero, invece, scelte che ne rafforzino la competitività, anche contrastando con determinazione la patologia di un diffuso abusivismo che opera in condizioni di dumping regolamentare, fiscale e contributivo”.

Potrebbe piacerti anche

I commenti sono chiusi.