Il regime sanzionatorio per l’omessa-errata applicazione del reverse charge

Il regime sanzionatorio per l’omessa-errata applicazione del reverse charge

Con una recente Circolare l’Agenzia delle Entrate ha fornito una serie di chiarimenti in merito al regime sanzionatorio applicabile in caso di omessa / errata applicazione del reverse charge. In particolare, l’errata applicazione dell’IVA in luogo del reverse charge e viceversa sono ora sanzionate in misura fissa (da 250 a 10.000). La sanzione “scatta”, non con riferimento alla singola fattura, ma in base a ciascuna liquidazione periodica e con riferimento a ciascun fornitore / committente. Il nuovo regime sanzionatorio è entrato in vigore a decorrere dall’1.1.2016. Lo stesso, comunque, per effetto del favor rei, è applicabile anche alle violazioni commesse fino al 31.12.2015.

 Come noto, il D.Lgs. n. 158/2015 ha apportato rilevanti modifiche al regime sanzionatorio penale / amministrativo. In tale ambito il Legislatore ha rivisto anche le sanzioni applicabili in caso di omessa / errata applicazione del reverse charge, intervenendo sull’art. 6, D.Lgs. n. 471/97.

In base alla nuova formulazione dell’art. 6, comma 2, le sanzioni previste per le violazioni degli obblighi inerenti alla documentazione e registrazione delle operazioni non imponibili /esenti / non soggette ad IVA risultano applicabili anche al cedente / prestatore che viola gli obblighi in materia di reverse charge ex artt. 17 e 74, commi 7 e 8, DPR n. 633/72.

In merito si evidenzia che:

  • l’ambito applicativo delle disposizioni in esame interessa non solo le fattispecie di reverse charge previste dagli artt. 17, 34, commi 6 e 74, commi 7 e 8, DPR n. 633/72 ma anche i casi disciplinati dagli artt. 46 e 47, DL n. 331/93 (operazioni intracomunitarie);
  • in caso di irregolare assolvimento dell’IVA da parte del cedente / prestatore ovvero dell’acquirente / committente in presenza di “dolo” sono applicabili le sanzioni del comma 1 (dal 90% al 180%, con un minimo di € 500);
  • cedente / prestatore e acquirente / committente sono solidalmente tenuti al pagamento della sanzione irrogata all’uno o all’altro.

Le nuove disposizioni sono entrate in vigore a decorrere dall’1.1.2016 e, in applicazione del favor rei, operano anche per le violazioni commesse prima di detta data per le quali non siano ancora stati emessi atti resi “definitivi” prima dell’1.1.2016. Recentemente l’Agenzia delle Entrate nella Circolare 11.5.2017, n. 16/E ha fornito una serie di interessanti chiarimenti in merito all’applicazione del “nuovo” regime sanzionatorio sopra riportato. Innanzitutto, nella citata Circolare n. 16/E l’Agenzia evidenzia che:

  • l’intento del Legislatore va individuato “nell’ottica di rendere maggiormente coerenti tali sanzioni rispetto al concreto disvalore dell’illecito commesso dal contribuente, così da garantire che le condotte connotate da scarsa gravità – da valutare non solamente in termini di danno arrecato all’Erario, ma anche di rilevabilità da parte dell’Amministrazione dell’errore commesso – siano punite in misura più lieve rispetto alle condotte più insidiose e pericolose”;
  • i nuovi commi da 9-bis1 a 9-bis3 si configurano come norme speciali rispetto alla norma generale del comma 9-bis, prevedendo un trattamento sanzionatorio più lieve in considerazione del fatto che l’imposta è stata comunque assolta, ancorché irregolarmente;
  • la nuova normativa è coerente con il principio sancito dalla Corte di Giustizia UE in relazione al reverse charge, secondo il quale le violazioni di obblighi formali non possono escludere di per sé il diritto alla detrazione da parte del contribuente, pena la violazione del principio di neutralità dell’imposta;
  • pur in assenza di un espresso richiamo, le disposizioni in esame sono applicabili anche agli acquisti da San Marino e dallo Stato della Città del Vaticano, considerato che l’art. 71, comma 2, DPR n. 633/72 rinvia all’art. 17, DPR n. 633/72.

 OMESSA FATTURAZIONE NEL REVERSE CHARGE

Come sopra evidenziato, nella Circolare n. 16/E in esame l’Agenzia ribadisce che, in base alla nuova formulazione dell’art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 471/97, le sanzioni già previste per le violazioni degli obblighi inerenti alla documentazione e registrazione delle operazioni non imponibili / esenti / non soggette ad IVA risultano applicabili anche al cedente / prestatore in relazione alle operazioni soggette a reverse charge.

OMESSA / ERRATA APPLICAZIONE DEL REVERSE CHARGE

Come sopra accennato, il comma 9-bis contiene le disposizioni generali applicabili con riferimento alle fattispecie che non sono distintamente disciplinate dai nuovi commi 9-bis1, 9-bis2 e 9- bis3. Si tratta, in particolare, dei casi in cui per un’operazione da assoggettare a reverse charge, l’acquirente / committente non pone in essere, totalmente o parzialmente, gli adempimenti connessi. La disposizione trova applicazione sia nel caso in cui sia prevista l’emissione dell’autofattura, che nel caso in cui sia prevista l’integrazione della fattura ricevuta dal cedente / prestatore.

In merito alla misura della sanzione prevista dal comma 9-bis in esame, l’Agenzia evidenzia che:

  • la sanzione fissa da 500 a 20.000 trova applicazione a condizione che l’omissione degli adempimenti connessi al reverse charge non comporti l’occultamento dell’operazione.

La stessa deve quindi risultare dalla contabilità tenuta ai fini delle imposte sui redditi (ad esempio, libro giornale o registro degli acquisti). In caso contrario trova applicazione la maggior sanzione dal 5% al 10% dell’imponibile con un minimo di € 1.000;

  • al fine di individuare l’ammontare sul quale applicare la sanzione dal 5% al 10% dell’imponibile restano valide le indicazioni fornite nella Risoluzione 29.12.2010, n. 140/E, in base alla quale “la violazione, concernente l’irregolare assolvimento dell’IVA a causa dell’erronea applicazione del regime dell’inversione contabile, si realizza di fatto quando viene operata la liquidazione mensile o trimestrale: è in tale sede, infatti, che il cedente ed il cessionario procedono erroneamente alla determinazione dell’imposta relativa alle operazioni attive da «assolvere»”.

Di conseguenza, conclude ora l’Agenzia: “si ritiene che la sanzione tra il 5 e il 10 per cento vada commisurata all’importo complessivo dell’imponibile relativo alle operazioni soggette all’inversione contabile riconducibili a ciascuna liquidazione (mensile o trimestrale) e con riguardo a ciascun fornitore; laddove l’irregolarità si realizzi in più liquidazioni, si configureranno tante violazioni autonome da sanzionare per quante sono le liquidazioni interessate”.

Resta fermo che, a seguito delle omissioni in esame, possa configurarsi anche una dichiarazione infedele e / o un’indebita detrazione dell’IVA. Così, ad esempio, nel caso in cui l’acquirente / committente annoti la fattura ricevuta dal cedente / prestatore (integrata con l’IVA) solo nel registro degli acquisti e non proceda quindi alla “doppia” registrazione normativamente prevista (sia nel registro degli acquisti che in quello delle fatture emesse), si genera un’indebita detrazione e un’infedele dichiarazione sanzionabili, rispettivamente, ai sensi degli artt. 6, comma 6 e 5, comma 4, D.Lgs. n. 471/97.

In tali casi, qualora non risulti imposta dovuta, è applicabile la sanzione in misura fissa da 250 a 2.000 di cui all’art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 471/97, che contempla anche le ipotesi di dichiarazione nella quale “sono omessi o non sono indicati in maniera esatta o completa dati rilevanti … per la determinazione del tributo, oppure non è indicato in maniera esatta e completa ogni altro elemento prescritto per il compimento dei controlli”.

OMESSA REGOLARIZZAZIONE DA PARTE DELL’ACQUIRENTE / COMMITTENTE

Come noto, qualora l’acquirente / committente:

  • non riceva dal cedente / prestatore la fatture entro 4 mesi dall’effettuazione dell’operazione;
  • riceva dal cedente / prestatore una fattura irregolare;

lo stesso deve “attivarsi” al fine di regolarizzare la situazione (emissione di un’autofattura,

comunicazione al competente Ufficio e assolvimento dell’imposta mediante reverse charge).

In caso di violazione di detti adempimenti è previsto uno specifico regime sanzionatorio

con riferimento alle operazioni soggette a reverse charge. In altre parole, non trova

applicazione la sanzione di cui all’art. 6, comma 8, D.Lgs. n. 471/97, da riferirsi quindi

soltanto alle operazioni non soggette a reverse charge.

L’ultima parte del citato comma 9-bis dispone infatti che, in caso di omessa regolarizzazione delle

situazioni in esame per un’operazione assoggettata a reverse charge, trova applicazione la

sanzione da 500 a 20.000 ovvero dal 5% al 10% dell’imponibile, con un minimo di 1.000

se l’operazione non risulta dalla contabilità.

Operazioni intracomunitarie

Nella Circolare n. 16/E in esame l’Agenzia precisa che le sanzioni di cui al comma 9-bis in

esame (da € 500 a € 20.000 ovvero dal 5% al 10% dell’imponibile con un minimo di € 1.000)

trovano applicazione anche nel caso in l’acquirente non provveda alla regolarizzazione di

un’operazione intracomunitaria, fermi restando i diversi adempimenti e termini

espressamente disposti dall’art. 46, comma 5, DL n. 331/93

 

IRREGOLARE ASSOLVIMENTO DELL’IVA

I commi 9-bis1 e 9-bis2 sono riservati ai casi in cui l’IVA è assolta, ma irregolarmente, in quanto

l’operazione è stata erroneamente fatturata / registrata “ordinariamente” ovvero applicando il reverse

charge.

ERRONEA APPLICAZIONE ORDINARIA DELL’IVA

Il comma 9-bis1 è riservato ai casi di “irregolare assolvimento del tributo” in quanto il cedente /

prestatore, anziché applicare il reverse charge, ha:

  • emesso una fattura assoggettata ad IVA;
  • annotato la stessa nel registro delle fatture emesse;
  • assolto l’IVA facendola confluire nella liquidazione periodica.

In tal caso l’Agenzia precisa che l’acquirente / committente:

  • non è tenuto a regolarizzare l’operazione;
  • mantiene il diritto a detrarre l’IVA relativa a tale acquisto;
  • è passibile della sanzione da 250 a 10.000, ferma restando la responsabilità, in via solidale

del cedente / prestatore.

In merito l’Agenzia precisa che la sanzione si applica “in base a ciascuna liquidazione

(mensile o trimestrale) e con riferimento a ciascun fornitore”. È quindi da ritenersi

superata l’interpretazione in base alla quale la stessa è applicabile per ogni singola fattura.

Comportamenti dolosi / fraudolenti

Quanto sopra non trova applicazione qualora l’applicazione dell’IVA in luogo del reverse charge

sia stata determinata da una finalità di evasione / frode di cui sia provata la consapevolezza

dell’acquirente / committente.

Al sussistere di tale comportamento doloso / fraudolento, infatti, è prevista in capo all’acquirente /

committente la sanzione dal 90% al 180% dell’imposta di cui all’art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 471/97.

ERRONEA APPLICAZIONE DEL REVERSE CHARGE

Il comma 9-bis2 è riservato ai casi di “irregolare assolvimento del tributo” a seguito

dell’applicazione del reverse charge ad operazioni da assoggettare ad IVA. Si tratta quindi delle

situazioni speculari a quelle sopra esaminate in cui:

  • il cedente / prestatore ha emesso una fattura senza IVA;
  • l’acquirente / committente ha integrato con l’IVA la fattura ricevuta annotando la stessa nel

registro degli acquisti e delle fatture emesse;

  • ha fatto confluire correttamente l’IVA a debito e a credito nella liquidazione periodica.

Riguardo all’ambito applicativo del comma 9-bis2 l’Agenzia precisa che lo stesso “è

applicabile solo al caso di irregolare assolvimento dell’imposta relativa a cessioni di beni o

a prestazioni di servizi … in assenza dei requisiti prescritti per l’applicazione dell’inversione

contabile” ossia per operazioni riconducibili alle ipotesi di reverse charge ma per le

quali non ricorrevano tutte le condizioni per la sua applicazione.

Da ciò consegue quindi che “le disposizioni di cui al comma 9-bis2 non si applicano … nel

caso di ricorso all’inversione contabile in ipotesi palesemente estranee a detto regime. In

tale evenienza tornano applicabili … le sanzioni di cui ai … commi 1 e 8 dell’art. 6”.

A titolo esemplificativo l’Agenzia propone i seguenti casi:

  • soggetto che acquista beni / servizi da un soggetto dichiaratosi residente, applicando quindi il

reverse charge e successivamente sia accertata una stabile organizzazione in Italia del cedente

/ prestatore (c.d. “stabile organizzazione occulta”);

  • idraulico che realizza un impianto in un giardino applicando il reverse charge non considerando

che lo stesso non risulta pertinenziale ad un edificio e quindi è carente di uno dei requisiti per

l’applicazione del reverse charge previsto per le prestazioni di servizi di installazione di impianti

degli edifici di cui all’art. 17, comma 6, lett. a-ter), DPR n. 633/72.

Considerato che l’imposta è stata comunque assolta:

  • l’acquirente / committente mantiene il diritto alla detrazione dell’IVA;
  • il cedente / prestatore:

non è obbligato ad assolvere l’IVA (già assolta dall’acquirente / committente);

è punito con la sanzione da 250 a 10.000, ferma restando la responsabilità in via solidale dell’acquirente / committente.

Anche tale sanzione si applica “in base a ciascuna liquidazione (mensile o

trimestrale) e con riferimento a ciascun committente” e non per singola fattura.

Comportamenti dolosi / fraudolenti

Quanto sopra non trova applicazione qualora l’adozione del reverse charge in luogo

dell’applicazione dell’IVA sia stata determinata da una finalità di evasione / frode di cui sia

provata la consapevolezza del cedente / prestatore.

Al sussistere di tale comportamento doloso / fraudolento, infatti, è prevista la sanzione dal 90% al

180% dell’imposta di cui all’art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 471/97.

IVA NON ASSOLTA CON ERRONEA APPLICAZIONE DEL REVERSE CHARGE

Qualora, con riferimento ad un’operazione da assoggettare ad IVA:

  • il cedente / prestatore applichi erroneamente il reverse charge e quindi emetta una fattura

senza IVA (o non la emetta);

  • l’acquirente / committente non assolva l’imposta con l’inversione contabile;

non è applicabile il comma 9-bis2 sopra commentato, in quanto lo stesso è riservato ai casi in cui

l’IVA viene assolta, ancorché con modalità “irregolari” rispetto a quanto normativamente previsto.

Nella Circolare n. 16/E in esame l’Agenzia precisa che in tale caso:

  • al cedente / prestatore è applicabile la sanzione dal 90% al 180% dell’IVA relativa all’imponibile

non correttamente documentato / annotato di cui all’art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 471/97;

  • all’acquirente / committente è applicabile la sanzione pari al 100% dell’IVA con un minimo

di 250 di cui all’art. 6, comma 8, D.Lgs. n. 471/97.

ERRONEA APPLICAZIONE DEL REVERSE CHARGE AD OPERAZIONI ESENTI / NON

IMPONIBILI / NON SOGGETTE AD IVA

Il comma 9-bis3 è riservato ai casi di erronea applicazione del reverse charge ad operazioni da

non assoggettare ad IVA in quanto non imponibili, esenti ovvero fuori campo IVA.

La disposizione in esame non prevede l’applicazione di sanzioni ma soltanto la

“regolarizzazione” da parte dell’Ufficio, tenuto a elidere sia il debito erroneamente computato

dal committente nelle liquidazioni periodiche, che la conseguente detrazione operata da

quest’ultimo”.

Nel caso in cui l’acquirente / committente non abbia detratto l’IVA (in tutto o in parte) in

applicazione di un’indetraibilità soggettiva / oggettiva dell’imposta, lo stesso può recuperare l’IVA

rimasta a debito mediante:

  • una nota di variazione in diminuzione ex art. 26, comma 3, DPR n. 633/72 (entro 1 anno

dall’effettuazione dell’operazione);

  • il c.d. “rimborso anomalo” di cui all’art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 546/92 (istanza all’Agenzia

delle Entrate entro 2 anni dal pagamento).

 

APPLICAZIONE DEL REVERSE CHARGE AD OPERAZIONI INESISTENTI

Qualora il reverse charge sia stato applicato con riferimento ad operazioni inesistenti, il comma

9-bis3 in esame dispone che:

  • oltre alla “regolarizzazione” da parte dell’Ufficio sopra esposta (stralcio del debito e del

credito IVA relativo all’operazione);

  • è irrogata la sanzione da tra il 5% e il 10% dell’imponibile, con un minimo di 1.000.

Conseguentemente, la fatturazione di operazioni inesistenti è assoggettata ad un regime

sanzionatorio differenziato a seconda che per le stesse si provveda all’applicazione del reverse

charge ovvero all’assoggettamento ad IVA con le modalità “ordinarie”. In tale ultimo caso, continua

a trovare applicazione l’art. 21, comma 7, DPR n. 633/72 e pertanto “l’imposta è dovuta per l’intero

ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura”.

Preme evidenziare che anche in tali casi, qualora l’acquirente / committente non abbia detratto

l’IVA (in tutto o in parte) in applicazione di un’indetraibilità soggettiva / oggettiva dell’imposta, lo

stesso può recuperare l’IVA rimasta a debito mediante una nota di variazione in diminuzione ex

art. 26, comma 3, DPR n. 633/72 (entro 1 anno dall’effettuazione dell’operazione) oppure

mediante il c.d. “rimborso anomalo” di cui all’art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 546/92 (istanza

all’Agenzia delle Entrate entro 2 anni dal pagamento).

Merita comunque segnalare che recentemente, la Corte di Cassazione nella sentenza

19.5.2017, n. 12649, in presenza di operazioni inesistenti soggette a reverse charge, ha

disconosciuto il diritto alla detrazione in capo all’acquirente. Tale conclusione di aggiunge a

quanto sancito dalla stessa Cassazione nella Sentenza 9.8.2016, n. 16679.

REGOLARIZZAZIONE SPONTANEA

Nella Circolare n. 16/E in esame l’Agenzia non fornisce particolari chiarimenti in merito alla possibilità da parte del contribuente di regolarizzare spontaneamente le violazioni in esame, al fine di non essere assoggettato alle sanzioni previste. L’unico accenno di rilievo che merita di essere evidenziato riguarda i casi di irregolare assolvimento dell’imposta (per il quale trovano applicazione gli artt. 9-bis1 e 9-bis2) con riferimento ai quali l’Agenzia precisa che: “le parti hanno sempre la possibilità di regolarizzare nei termini di legge l’operazione per non incorrere in alcuna sanzione”.

Riferimenti normativi

  • Artt. 17 e 74, commi 7 e 8, DPR n. 633/72
  • Art. 6, D.Lgs. n. 471/97
  • Art. 15, D.Lgs. n. 158/2015
  • Circolare Agenzia Entrate 11.5.2017, n. 16/E

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